STUPRO INDIANO - 29/05/2014 - SIMONA
Ancora una volta l’India sale alla ribalta delle cronache per una notizia scioccante di stupro, perché il paese non è protagonista solo di progresso tecnologico e sviluppo economico. Due cugine indiane di quattordici e quindici anni sono state violentate da una banda di balordi in un villaggio dell’Uttar Pradesh, nell'India nord-orientale, e trovate impiccate a un albero di mango. Una rapida indagine ha permesso di ricostruire la storia, confermando il rapimento, lo stupro collettivo e la denuncia di sette persone, fra cui due agenti di polizia. Nulla di nuovo insomma sembra intaccare questa squallida pratica, sempre più diffusa in India, dove da mesi e mesi si susseguono le violenze contro bambine e donne, vittime anche alcune turiste, nonostante l’attenzione della comunità locale e internazionale sia molto alta da quando, nel dicembre 2012, una studentessa di ventitré anni venne violentata da sei uomini mentre tornava a casa in autobus. La giovane morì dopo dieci giorni di agonia per i traumi riportati nell'aggressione. Nel maggio 2013 vittime della violenza di un altro branco erano state dieci minorenni sordomute e un mese prima una bambina di soli cinque anni era stata stuprata e mutilata da un vicino di casa. Lo scorso febbraio, invece, è stata aggredita una bimba di nove anni che giocava nel cortile con delle amiche mentre un mese prima una dodicenne era stata stuprata e bruciata viva e una turista danese violentata e picchiata. Sempre nel mese di gennaio in un villaggio sperduto nello stato orientale del West Bengala, una ragazza di vent'anni è stata violentata ripetutamente a turno da una decina di uomini come “punizione” per avere un fidanzato proveniente da un’altra comunità tribale. La storia è scioccante e mette pienamente in luce le contraddizioni del gigante economico asiatico, sospeso tra modernità e usanze di stampo medioevale. La polizia di New Delhi ha ricevuto in media nei primi quattro mesi del 2014 sei denunce al giorno di stupri e quattordici di molestie sessuali. Le statistiche ci dicono che fra l'1 gennaio e il 30 aprile sono state registrate 616 denunce di stupro e 1.336 di molestie sessuali, con un aumento del 36% rispetto allo stesso periodo del 2013. Secondo alcuni il fenomeno è legato alla pornografia on-line, facilmente accessibile, e va di pari passo con l'aumento della criminalità comune, ma c'è anche chi crede che la dilagante violenza contro le donne abbia radici profonde nella società maschilista che non è dominante solo nei villaggi ma anche nelle famiglie cittadine. La mentalità vigente spinge le famiglie a considerare le donne come oggetti che devono rimanere puri e ben controllati: esse sono di proprietà prima del padre e poi del marito. Mantenere alto l’onore della famiglia nella comunità di appartenenza è fondamentale per questo mentre i figli maschi godono di assoluta libertà, le ragazze sono costantemente controllate con l’obbligo di non fare nulla che potrebbe arrecare loro vergogna. Questa mentalità spiega come mai molte fanciulle vengano obbligate alle nozze o addirittura uccise dai parenti. Nella tradizione indiana le donne non sono importanti in quanto tali ma come produttrici di bambini e custodi della cultura locale. La maggior parte degli indiani reagisce sdegnosamente alle accuse secondo le quali le donne sarebbero discriminate nel loro paese. Al contrario, sostengono che l'India esalti le virtù della femminilità e il ruolo delle donne nella società, che vengono addirittura venerate. Ma è solo una bugia di facciata dietro la quale si cela l'endemica violenza radicata nella società indiana, una società in transizione, dove le donne sono in modo sempre più massiccio nello spazio pubblico, nell'istruzione, nei posti di lavoro, e pretendono autonomia e indipendenza. Ma la società stenta ad adattarsi, una società conservatrice, governata da una cultura profondamente maschilista, incapace di vedere le donne diversamente dal tradizionale ruolo domestico di buone mogli e madri premurose. Frutto di questo pregiudizio maschile è lo stupro, come rivendicazione di un potere fisico dominante sulla donna. In materia di legislazione qualcosa è stato fatto per cambiare questo stato di cose, ma non è ancora abbastanza. Il 3 febbraio 2013 il presidente dell'India Pranab Mukherjee ha firmato l'Ordinanza 2013 di emendamento del codice penale in materia di violenza contro le donne. Il decreto comprende la pena di morte contro gli autori di violenze sessuali nel caso di stupratori recidivi e conseguente morte o coma prolungato della vittima. Pene più severe sono state inoltre introdotte contro lo stalking e le aggressioni con l’acido. Ma i gruppi per la difesa dei diritti umani ritengono che l'ordinanza non sia all'altezza degli standard internazionali sui diritti umani: non punisce tutte le forme di violenza sessuale con pene adeguate, contiene formulazioni vaghe e discriminatorie e conserva un'effettiva immunità legale per gli agenti delle forze di sicurezza accusati di violenza sessuale. Infatti il decreto non riconosce lo stupro commesso dal coniuge come un reato e non si pronuncia su tutti quei casi di politici accusati di reati a sfondo sessuale, candidati alle elezioni. Inoltre alcune delle definizioni incorporate nell'ordinanza non proteggono adeguatamente le donne dalla violenza sessuale: l'ordinanza mantiene in vigore concetti arcaici e discriminatori quali insulto o oltraggio alla modestia delle donne invece di parlare chiaramente di reati contro il loro diritto all'integrità fisica. L'articolo 376-E continua a porre la polizia e le forze armate al di sopra della legge nei casi di violenza sessuale. Secondo le procedure penali vigenti e varie leggi speciali, gli appartenenti alle forze di polizia e alle forze di sicurezza non sono perseguibili, neanche per violenza sessuale, a meno che l'organo governativo sovraintendente non dia la sua approvazione. Questo accade raramente, garantendo così un'effettiva immunità per chi si rende responsabile di queste gravi azioni. La dura verità è che lo stupro è culturalmente quasi tollerato in India perché la violenza sessuale è sempre guardata attraverso il riflesso della responsabilità della donna stessa. Giudizi agghiaccianti quali “se la vanno a cercare” o “gli stupri succedono perché le donne vestono in modo sconveniente” altro non fanno che alimentare polemiche e trovare attenuanti per chi sbaglia. È una delle cose più subdole che si possa fare: giocare a trasformare la vittima in colpevole. 

Simona Rotondi 
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